mercoledì 11 Luglio 2018

Il legno: un materiale riproducibile

Il legno è l’unico materiale utilizzato in edilizia capace di rigenerarsi nel tempo, quindi lo si può considerare come una risorsa inesauribile.

Esso è un materiale strutturato secondo un determinato modello che risponde alle esigenze biologiche degli organismi viventi, cioè gli alberi da cui proviene.

Questo evidenzia come sia presente un ciclo di nascita, crescita, morte e successiva rigenerazione che lo rendono disponibile nel momento in cui sono sviluppate delle politiche di riforestazione del territorio, le quali garantiscono anche un equilibrio del sistema ambientale.

Analizzando la natura degli altri materiali si deduce la loro costante riduzione nella disponibilità, essendo essi il risultato della composizione di un insieme di particelle cristallizzate prive di un ciclo biologico.

Il calcestruzzo è una miscela di inerti, provenienti il più delle volte dai letti dei fiumi, e di cementi estratti da cave.

I laterizi sono materiali artificiali da costruzione formati da argilla, contenente quantità di sabbia, di ossido di ferro, di carbonato di calcio; la quale viene purgata, macerata, impastata, pressata e ridotta in pezzi di forma e dimensioni prestabilite.

L’acciaio è derivato dalla trasformazione di materie prime come la ghisa (lega di ferro più carbonio); e con l’aggiunta di altri elementi quali il manganese, il cromo, il nichel è possibile produrre acciai speciali.

L’alluminio viene estratto per elettrolisi dall’allumina fusa, che si ottiene dalla bauxite minerale nella quale l’alluminio è contenuto in ragione del 55%, insieme a silice, ossido di ferro e ossido di titanio.

I vetri non sono generalmente costituiti da una sola sostanza, ma da soluzioni solide di silice e di almeno due silicati; uno di metallo alcalino e l’altro di metallo alcalino terroso.

Le argille, gli inerti, i cementi, i metalli ferrosi, la bauxite, i silicati ecc. sono tutte delle materie prime scarse; poichè il loro esaurimento, seppur relativo al medio lungo periodo, è sempre più vicino in ragione delle quantità sfruttate dall’uomo.

Significativo è l’esempio del Comprensorio del parco del Ticino (quarantasei comuni, novantaseimila ettari distribuiti sulle provincie di Pavia, Varese, Milano, mezzo milione di abitanti insediati) ove esistevano 62 cave, trentacinque delle quali ormai inattive avendo esaurito ogni disponibilità di inerte e cemento. Le ventisette cave ancora in funzione estraggono giornalmente 20.000 mc di inerte, ossia 7-8.000.000 metri cubi annui.

Non così per il legno, che purchè lo si voglia non solamente a parole come avviene ormai da decenni, in quanto rinnovabile e perciò inesauribile, può divenire una fonte prioritaria di risorse e quindi ricoprire una grossa porzione di fabbisogni di materia prima per elementi e semilavorati destinati all’edilizia abitativa.

Il tutto è subordinato a una appropriata politica di rimboschimento, supporto indispensabile per un razionale utilizzo particellare a rotazione.

Le politiche di riforestazione, già adottate nei paesi Nord Americani (Stati Uniti e Canada) e centro-nord Europei (Svizzera, Austria, Germania, Svezia, Norvegia), permettono di avere una costante disponibilità di materia prima di dimensioni diversificate, localizzando le piantagioni in luoghi più idonei per la loro crescita e il loro inserimento nell’ecosistema boschivo.

In Italia uno dei pochi esempi positivi ci proviene dal Trentino Alto Adige. La silvicoltura della regione, retaggio di secolari saggi ordinamenti locali e di collaudate leggi austriache, figura oggi come una voce importante nelle politiche programmatiche delle amministrazioni. Severi piani economici disciplinano l’utilizzazione boschiva, comprendendo oltre al legname da opera (tavolame e legname da costruzione) anche legna da ardere. Quindi gli sprechi sono ridotti al minimo e gli interventi intrapresi sono conformi a singoli piani di assestamento forestale tutti intesi a prelevare dai boschi, in massa legnosa, l’interesse che vi matura senza mai toccare il capitale.

A proposito dello sfruttamento delle risorse occorre anche sfatare un tabù che tende ad associare l’utilizzo del legno alla distruzione delle foreste, soprattutto tropicali.

Le attuali distruzioni in corso nelle foreste tropicali e nell’est europeo non sono dovute all’ingordigia degli utilizzatori del legno, ma piuttosto all’inconsulta politica dei paesi emergenti che pur di procurarsi valuta fanno procedere a vasti tagli le loro foreste. Inoltre, sotto la spinta delle popolazioni che chiedono nuove terre da coltivare o di grandi multinazionali che vogliono aumentare e magari monopolizzare la produzione di determinati prodotti agricoli, sono consentiti i disboscamenti e le trasformazioni delle foreste in campi che, ben presto perduta la fertilità accumulatasi nei secoli, si ridurranno a savane o a plaghe denudate e prive anche di vegetazione erbacea.

Ma se la foresta non venisse distrutta con tagli indiscriminati o con il fuoco essa sarebbe capace di rinnovarsi fornendo periodicamente legname in misura corrispondente all’incremento continuo del volume degli alberi che la costituiscono.

In sostanza se gestite razionalmente secondo i dettami della silvicoltura le foreste possono continuare indefinitamente a fornire del legno impiegabile nell’edilizia.

A tale proposito si potrebbe spingere a incrementare le coltivazioni arboree, come il faggio e la betulla, portando a una maggiore disponibilità annuale di legname nazionale per destinazione industriale.

Queste coltivazioni sarebbero a ciclo vegetativo relativamente breve, nell’ordine dei 20-25anni, da tagliare al raggiungimento di un diametro dei tronchi sufficiente per la conveniente trasformazione con moderne macchine sfogliatrici (25-30cm).

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